• Centro Depressione Ansia e Attacchi di Panico - Corso Marconi 2 (ang. Via Nizza)
  • 011.6699693
  • centdep@tiscali.it
  • Più della metà di chi soffre di un Disturbo dell’Umore presenta recidive, il più delle volte nei mesi successivi alla remissione della crisi, e tale rischio è maggiore con l’aumento del numero degli episodi. L’obiettivo primario della profilassi è la modificazione della periodicità della malattia, cioè la riduzione del numero e della gravità delle recidive, sia per i disturbi bipolari sia per quelli unipolari. Per questi ultimi, tuttavia, è stato problematico ottenere un consenso univoco sulla necessità della terapia di mantenimento. In tali forme la profilassi è raccomandata quando sono presenti tre o più episodi depressivi. Nel caso, invece, di presenza di due episodi, la profilassi è consigliabile se sono presenti variabili cliniche predittive di alta probabilità di recidiva quali familiarità positiva, precoce età d’esordio, particolare gravità clinica degli episodi precedenti.

    Per la profilassi vengono utilizzati gli stabilizzatori del tono dell’umore e, di seguito, verranno descritti i principali.

    Sali di litio

    Il litio è diffuso in natura sotto forma di composto salificato e si trova in minerali, in acque termali e nei tessuti biologici, prevalentemente vegetali. Dal 1970 in poi, dopo aver verificato l’efficacia e la tollerabilità del farmaco, il litio viene utilizzato per il trattamento e la prevenzione dei Disturbi dell’Umore.

    La via di somministrazione è quella orale: viene rapidamente assorbito e raggiunge il picco plasmatico entro 1 o 2 ore, con piccole differenze legate al tipo di preparato, specie nei prodotti a lento rilascio, in cui il picco è posto a 3-6 ore.

    Sebbene l’efficacia nella profilassi sia nota da molti anni, i meccanismi molecolari alla base di tale azione non sono chiari. Il litio è in grado di attraversare la membrana cellulare e diversi studi sperimentali hanno dimostrato che è in grado di interferire con le componenti intracellulari coinvolte nella trasmissione del segnale nervoso, quali ad esempio le proteine G e gli enzimi ad esse associati.

    Indicazioni per il trattamento con il litio

    Iniziare un trattamento profilattico è una decisione importante che spetta al clinico, dopo averla ampiamente discussa col paziente. Non esiste unanimità di vedute su tale argomento, nel senso che sono stati suggeriti diversi criteri cui attenersi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha fornito la seguente linea guida: il trattamento profilattico va iniziato negli unipolari dopo tre episodi, in particolare se vi è stato un episodio, oltre quello in atto, negli ultimi cinque anni; nei bipolari, invece, va iniziato dopo il secondo episodio. Molte scuole adottano criteri diversi e suggeriscono di iniziare la profilassi col litio già dopo il primo episodio maniacale, dal momento che l’85-95% dei pazienti ne manifesterà altri di entrambe le polarità.

    Il trattamento con litio può dare una “risposta completa”, in cui non si osservano più ricadute, una “risposta parziale”, quando la gravità e la durata degli episodi sono ridotti, oppure “nessuna risposta”, quando la morbilità prosegue senza variazioni.

    E’ possibile individuare alcuni indici predittivi di risposta alla terapia.

    Nei pazienti bipolari con frequenti episodi o con ricaduta entro un anno dall’inizio del trattamento è più frequente il fallimento della profilassi.

    In quelli in cui è presente una rapida risposta alla terapia antimaniacale ed antidepressiva è, invece, più frequente l’esito favorevole.

    Il trattamento vero e proprio inizia con 600 mg di litio carbonato suddiviso in due somministrazioni, ad intervalli equidistanti (mattino e sera). Dopo 7-10 giorni si effettua il primo controllo della litiemia.

    Occorre fornire al paziente le seguenti indicazioni:

    – la somministrazione di litio non va sospesa la sera prima del prelievo;

    – quella del mattino deve essere assunta dopo il prelievo;

    – devono trascorrere 12 ore (con una tolleranza di mezz’ora in più o in meno) tra l’ultima assunzione ed il momento del prelievo.

    La dose giornaliera da assumere è dipendente dai valori della litiemia, tenendo presente l’insorgenza di eventuali effetti collaterali. È fondamentale nei primi mesi discutere col paziente gli effetti soggettivi ed obiettivi della terapia, che va monitorata ogni due-tre mesi, mentre gli esami della funzionalità epatica e renale vanno ripetuti due volte entro il primo anno. La durata della profilassi con litio va adattata da caso a caso. È opinione diffusa che, una volta iniziata, dovrebbe essere proseguita per sempre, dal momento che il rischio di recidive è stimato intorno al 50%. Le ragioni della sospensione dovrebbe pertanto essere subordinate all’insorgenza di seri effetti collaterali o alla mancanza di efficacia.

    E’ frequente, nella pratica clinica, l’esplicita richiesta del paziente di sospendere il litio dopo anni di assunzione, motivata dalla comprensibile esigenza psicologica di “non sentirsi più malato”. L’esperienza suggerisce, in linea di massima, di assecondare tale richiesta consigliando una sorveglianza clinica adeguata nel periodo immediatamente successivo la sospensione.

    Effetti collaterali

    Alcuni effetti collaterali del litio sono fastidiosi, ma di scarso rilievo clinico, mentre altri sono di gravità tale da richiedere l’immediata sospensione della terapia.

    Uno dei più frequenti e noti riguarda l’aumento ponderale, frequente motivo di sospensione della terapia da parte dei pazienti. Non sono presenti differenze d’età o di sesso, anche se le donne tollerano meno tale effetto. I consigli che si possono dare è ridurre o abolire il consumo di cibi ad alto contenuto calorico e aumentare l’attività fisica.

    All’inizio della terapia è frequente la poliuria (aumento delle frequenza delle minzioni) che si manifesta in più del 70% dei pazienti nelle prime settimane di trattamento ed è transitoria nel 50% dei casi.

    E frequente la presenza di un fine tremore alle mani che tende ad aumentare nei movimenti intenzionali finemente coordinati, quali la scrittura, varia d’intensità in relazione allo stato emotivo ed è aggravato dal concomitante uso di altre sostanze, in particolare la caffeina. Nella maggior parte dei casi si riduce spontaneamente entro alcune settimane.

    Altro fenomeno spesso presente nelle fasi iniziali del trattamento, anch’esso di breve durata, è l’affaticamento muscolare in caso di esercizio fisico prolungato.

    Alcuni pazienti in terapia con litio riferiscono di sentirsi “rallentati” e di avere difficoltà a concentrarsi e a ricordare con tempestività avvenimenti recenti e passati.

    Tuttavia studi a lungo termine hanno dimostrato che, in presenza di Disturbo Bipolare, le performance di soggetti in trattamento con litio sono migliori rispetto a quelli non stabilizzati.

    Il litio può svolgere un’azione teratogenica tra la terza e la nona settimana di gravidanza ed è per tale motivo che deve esser sospeso, suggerendo alle pazienti che desiderino un figlio di avvertire il proprio medico con un certo anticipo in modo da programmare l’interruzione graduale.

    I sintomi premonitori dell’intossicazione da litio sono la comparsa o l’intensificazione di precedenti effetti collaterali, in particolare tremore, irritabilità, nausea, difficoltà di concentrazione. Compaiono oltre il range terapeutico e quindi generalmente intorno a 1,5 mEq/l, ma in alcuni soggetti possono presentarsi anche a livelli plasmatici inferiori.

    Altri stabilizzatori: carbamazepina e valproato

    Il litio ha scarsa efficacia in alcuni tipi di disturbi, quali ad esempio gli stati misti. Inoltre l’uso è controindicato in pazienti con ridotta funzionalità renale, tiroidea o paratiroidea o in pazienti obesi.

    Per questi casi gli anticonvulsivanti, principalmente carbamazepina e valproato, costituiscono la terapia alternativa. In molte circostanze tali farmaci si sono dimostrati utili, da soli o in associazione al litio, nella terapia antimaniacale ed in quella di mantenimento, ma non esistono studi che dimostrino un’efficacia superiore a quella del litio. Dal punto di vista clinico la tendenza è di utilizzare la carbamazepina ed il valproato nella mania disforica e negli stati misti, su cui il litio ha scarsa efficacia. Il Disturbo Bipolare a cicli rapidi risponde poco al trattamento con un solo farmaco e la profilassi consiste nella combinazione di due o anche tre stabilizzatori.

    In generale la tendenza è di ricorrere agli anticonvulsivanti nelle forme in cui il litio è scarsamente efficace, ma il più delle volte si somministrano in associazione.

    I più importanti effetti collaterali della carbamazepina sono vertigini, diplopia, incoordinazione motoria, nausea, leucopenia transitoria e rari casi di agranulocitosi.

    Gli effetti collaterali del valproato sono di solito lievi, dose-dipendente e ben gestibili soprattutto attraverso un lento incremento delle dosi da assumere.

    I più comuni sono a carico dell’apparato gastrointestinale (nausea, vomito, anoressia), neurologico (tremore dose dipendente) ed ematologici (trombocitopenia e leucopenia).